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Export: la gestione del rischio (1)

Attività indispensabile alla crescita

Crediti Documentari

Qualunque attività economica comporta un rischio e le attività connesse con l’export non fanno eccezione. Quindi è inevitabile che l’imprenditore affronti i rischi impliciti nella sua attività ma questo non significa che si debba esporre ai capricci del caso. Per fortuna sono disponibili strumenti molto efficaci nella gestione del rischio. In questo primo articolo dedicato all’argomento, vediamo quali tipi di rischi dobbiamo prepararci ad affrontare.

Convenzionalmente distinguiamo tre diversi tipi di rischi:

 

1. Il rischio commerciale

Questo è il rischio più conosciuto e anche il più intuitivo. Mi riferisco soprattutto all’insolvenza cioè al mancato pagamento della nostra fattura di vendita. Il rischio commerciale include però anche un altro tipo di rischio: il rischio d’inadempienza. Quest’ultimo si riferisce all’eventuale mancato rispetto di quanto stabilito nel contratto di compravendita. Gli esempi più ricorrenti, e anche i più temuti, subito dopo il mancato pagamento, sono la revoca della commessa e il mancato ritiro della merce a destino.

 

2.Il rischio cambio

Anche il rischio cambio è ben noto, soprattutto nel suo aspetto operativo. In questo caso il rischio dipende direttamente dalla volatilità dei cambi. Al rischio, cioè, di ricevere in pagamento un importo in valuta estera che al momento dell’emissione della nostra fattura commerciale corrispondeva effettivamente all’importo in Euro che ci spettava, ma che, al momento del pagamento risulta corrispondere a un importo inferiore. È senz’altro vero che la stessa volatilità dei cambi potrebbe anche rappresentare un vantaggio ma, in ogni caso, è il rischio di un cambio sfavorevole che rappresenta ciò da cui dobbiamo difenderci.

Ci sono anche altri due aspetti oltre a quello operativo. Il primo è l’aspetto finanziario, che riguarda gli eventuali depositi o finanziamenti espressi in valuta estera e il secondo è di carattere economico che, invece, riguarda i nostri mercati di approvvigionamento e l’ubicazione di nostre eventuali sedi estere. In entrambi questi due ultimi casi, sosteniamo dei costi in una valuta estera diversa da quella del mercato dove vendiamo i nostri prodotti. Ad esempio se compriamo materie prime in Cina e vendiamo in USA, appare evidente come le differenze di cambio possano rappresentare un rischio consistente. Questo non costituisce soltanto un rischio di diminuito realizzo sul singolo affare ma deve essere visto come una potenziale minaccia alla competitività dei nostri prodotti nei mercati internazionali.

 

3. Il rischio Paese

Circolano molti malintesi attorno al concetto di rischio Paese. Di solito vengono presi in considerazione i rischi riconducibili alla situazione socioeconomica e, pensando soprattutto ai Paesi del terzo mondo, le possibili rivoluzioni, sommosse, colpi di stato ecc. Questi sono senz’altro rischi da prendere in considerazione ma, salvo casi estremi, ritengo che questi rischi, legati all’ambiente e alla società del Paese, siano secondari rispetto ai rischi connessi alla “normativa” del Paese oggetto del nostro interesse. In dettaglio, mi riferisco ai rischi che possono scaturire da leggi locali che ci sono poco note o del tutto sconosciute. Queste leggi, potenzialmente pericolose per le nostre esportazioni, riguardano in modo particolare la normativa societaria, la salvaguardia della proprietà intellettuale, la convertibilità della moneta locale e, ancora di più, le leggi che limitano il trasferimento o il rimpatrio di capitali e utili conseguiti in loco.

Nel prossimo articolo vedremo come tutti questi rischi possono essere trasferiti ad altro soggetto, tramite assicurazioni e garanzie a copertura delle nostre attività di esportatori.

La gestione del rischio (2)

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